Al
giorno d'oggi, la metafora più diffusa per descrivere il cervello è quella che
lo paragona a un computer: la sua struttura fisica corrisponderebbe
all'hardware, la mente al software.
Una
simile visione ci porta spesso a interpretare i nostri processi mentali quasi
fossero programmi, capaci di offrirci soluzioni semplici, rapide e lineari a
ogni problema. Paragonarci a delle macchine, per quanto meravigliose e
sofisticate, ci porta a travisare la nostra natura.
Sempre
più spesso, invece, la psicologia e la biologia contemporanee tendono a
recuperare una metafora antica ma efficace: l'idea che possiamo coltivare il
nostro io più profondo, che lo si chiami mente o animo, proprio come faremmo
con un giardino.
Combinando
mirabilmente scienza e letteratura, psicoanalisi e racconto, indagine teorica e
consigli pratici, questo libro si propone di ricordarci una verità
fondamentale, che chi lavora a contatto con la natura conosce da sempre:
prenderci cura di un orto o un giardino, di piante che crescono seguendo il
proprio ciclo vitale, può influire in modo positivo sulla nostra salute, il
nostro benessere psicologico e la nostra autostima.
Se
consideriamo che pensare non è altro che la capacità di recepire stimoli
dall'ambiente, elaborarli e mettere in atto strategie finalizzate ad uno scopo,
allora possiamo dire che sì, le piante hanno una qualche forma di cognizione.
Le piante ricordano, si muovono, decidono, si orientano e interagiscono tra
loro; non solo: possono essere opportuniste, generose, truffaldine.
«Le
piante hanno una cognizione sociale, riconoscono i loro parenti, mettono in
atto comportamenti cooperativi. Hanno un modo di decidere avanzato e in tutti
gli aspetti della cognizione le piante si manifestano come agenti cognitivi.
Questo succede anche se sono diverse da noi e non hanno un cervello».
Uno sguardo insolito e affascinante nella vita segreta
del mondo vegetale, molto più complesso, attivo, sensibile e a noi vicino di
quanto crediamo.
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